sabato 19 gennaio 2013

Racconto La Culla


La Culla

Le fauci di Culla si spalancarono. La nube della brace si riversò nella sala macchine, le mie narici furono invase da un odore intenso. Era l’odore del duro lavoro, del sacrifico. Impugnai la forca e smistai le noci di combustibile nero, il tocco delle cuspidi ne sprigionò l’alveo ardente. Se non avessi avuto la maschera protettiva, gli spruzzi di scintille mi avrebbero strinato il volto, rendendomi cieco per sempre.
Attesi che i manicaretti fossero cotti a sufficienza e privati di quella membrana protettiva corrotta dalle impurità del mondo esterno che gli uomini chiamano pelle. Subito dopo sarebbero stati pronti per essere abbandonati all’interno della seconda fauce di Culla, l’arteria che li avrebbe spediti direttamente nell’esofago.
Era il mio dovere farlo, lo scopo per il quale esistevo.
La città di New Shem giaceva come una gigantesca sella puntuta sul dorso del Behemoth. Alla città era consentito rimanere in piedi solo finché il cuore della bestia continuava a battere. La creatura vagava nella prateria infinita del Tiamat, la vegetazione contaminata dai fumi radioattivi, letali per qualsiasi uomo avesse avuto la pessima idea di scagliarsi giù dallo strapiombo ventrale (qualora non fosse morto per la caduta). Ma la bestia, per sopravvivere, affinché l’ultima città umana perdurasse nel tempo, aveva bisogno di sostentamento. La Culla asserviva a questo compito dirigendo il cibo direttamente negli effluvi liquido-gassosi del suo titanico stomaco. Ed io ero l’uomo a cui spettava l’onere di imboccarla.
Nessun’altro poteva farlo.
I gusti del Behemoth erano macabri: la creatura infernale pretendeva solo anime pure, bianche e immacolate come solo quelle dei fragili cuccioli di uomo potevano essere.
Tutti credevano che li strozzassi, prima che  gettassi i loro corpicini tra le pene fiammanti della fornace e nell’oblio della liquefazione delle sostanze gastrointestinali. Non ne ho mai sentito il bisogno.
I neonati piangevano sempre. Li lasciavo morire gettandoli assieme al carbone, abbandonandoli a una morte crudele ed inumana.
Ma era lo scopo di Culla, il mio scopo.


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